La storia siamo noi (ed i nostri antenati). di Rosalba Perri


Sono affascinata dalle storie di famiglia del paese di mio padre soprattutto nel periodo che va dalla fine del 1700 a tutto il 1800. Platì, prima dell’alluvione del 1951 e del dissanguamento demografico dovuto all’emigrazione, era un paese vivace, abitato da gente industriosa e da tutte le classi sociali l’evoluzione, e a volte l’involuzione, delle quali si può seguire attraverso le storie delle famiglie.
Nei primi giorni di settembre, è venuto a mancare a Vicenza l’avvocato Rosario Zappia. Apparteneva a quella generazione nata negli anni ’30 del secolo scorso, vissuta lontano dal paese di origine, ma che ha coltivato un attaccamento emotivo verso il luogo dell’infanzia tanto che alcuni, lui compreso, hanno lasciato disposizioni per essere seppelliti nel cimitero del paese.
Non conoscevo Rosario Zappia, ma avevo sentito parlare della sua famiglia di origine da mio padre e dai miei zii tutti appartenenti alla stessa generazione. Rosario, nato nel ’36, era il maggiore di quattro figli dei coniugi donna Cristina Mercurio e don Rosario (detto “U Surrosario” per una contrazione dialettale di Signor Rosario). A lui seguirono Filippo nato nel ‘37, Elisabetta nata nel ‘39 e Domenica nel ’40. Entrambi i coniugi appartenevano alle famiglie più in vista per condizione sociale ed economica.
Maria Cristina Mercurio

Don Rosario (Surrosario) era figlio di Filippo Zappia ed Elisabetta Virgara entrambi menzionati nei registri parrocchiali con il titolo di “Magnifico/a”.
Tale titolo, “fin dal XVIII secolo nel centro-sud Italia era riferito a persone di ottima influenza economica, con disponibilità di beni, terreni e immobili. Non sempre, anzi raramente, era indicativo anche dei nobili, per i quali veniva spesso riportato il titolo vero (conte, duca, marchese, ecc.), e veniva utilizzato proprio per indicare chi nobile non era ma apparteneva ad una "casta" superiore non solo al popolino ma anche ai medio-piccoli proprietari. Nelle cittadine medio-piccole solitamente indicava la persona economicamente più agiata” (1). La precisazione su questo titolo è interessante poiché lo ritroviamo nei dati del ‘700 ma anche nell’800. A fine ‘700, a Platì, veniva a volte usato per i massari che ancora godevano di una situazione socio-economica rilevante.

Filippo Zappia, nato nel 1823, all’atto del matrimonio con Elisabetta Virgara nel 1847 viene indicato sui registri comunali come vaticale (2). I vaticali che in possesso di capitali si dedicavano anche al commercio tendevano ad aumentare le proprie fortune e la condizione sociale. Ciò sembra essere accaduto a Filippo che già pochi anni dopo viene indicato come “industriante”(3) nei registri di nascita dei suoi figli.

Era a sua volta figlio e nipote di vaticali: il padre Pasquale Zappia ed il nonno Carlantonio Zappia. Pasquale sposò Rosa(ria) Sergi nel 1801 (4). Carlantonio, che fu il capostipite di buonaparte degli Zappia di Platì, proveniva da Ardore e nel 1781 sposò la Magnifica Deodata Perri, bisnipote di quel Jeronimus Perri, vissuto nel ‘600, da cui con ogni probabilità discendono tutti i Perri e Perre di Platì.
Passiamo ora alla parte materna della famiglia dell’avvocato. Donna Cristina Mercurio vantava due ascendenze di alto livello. Era figlia dei coniugi Alberto Mercurio e Maria Domenica Lentini.

Alberto Mercurio

I Lentini erano una delle famiglie più in vista di Platì sin dal ‘700, secolo in cui vissero il canonico Muzio Lentini (che si firmava Leontini) ed il fratello Candido. Il figlio di quest’ultimo, Muzio come lo zio, sposò Dorotea Roi (5) di Oppido. Muzio morì giovane lasciando la vedova con 3 figli, uno dei quali diventò sindaco di Platì a metà ‘800: don Raffaele Lentini. Era un uomo con molti possedimenti avendo ereditato sia dal padre che dal prozio, tanto che gli venne dedicata una filastrocca: L’avvocatu Lentini ndavia machini e mulini, e la terra ncuminciava a pajjareju e finiva a cuccumeju…”. Era il nonno di Maria Domenica.
Maria Domenica Lentini

Maria Domenica e la sorella Maria Giovanna sposarono due nobili, gli unici con titoli o quarti di nobiltà nel paese. Maria Giovanna sposò il Conte Filippo Oliva che aveva ereditato il titolo dalla madre, la contessina Ricciardi di Napoli poiché la famiglia aveva ricevuto dal re il privilegio di poter trasmettere il titolo anche per via femminile. Maria Domenica sposò Alberto Emanuele Mercurio, avvocato, e figlio del Barone Costantino Mercurio e di Maddalena Graziosi dei Marchesi di Montecorvino.

Costantino Mercurio, avvocato, era nato a Napoli ed aveva esercitato la professione in provincia di Salerno. Alla nascita di Alberto, a Sant’Angelo a Fasanella nel 1866, Costantino risulta avere 38 anni, essere nato a Napoli ed essere residente a Pollica, mentre la moglie Maddalena ha trent’anni. Non sappiamo di preciso quando e con quale incarico, il Barone Mercurio si trasferì a Benestare, certo visse lì fino alla morte avvenuta nel 1900, un anno prima del matrimonio del figlio.
Possiamo immaginare sia Alberto studente universitario sia quello che sarebbe diventato suo cognato, il Conte Filippo Oliva, nella frizzante Napoli della Bella Époque fra cafè chantant e teatri.
La Napoli dove un certo Edoardo Scarpetta cresceva come proprio il figlio di Vittorio Emanuele II, dava in adozione ai Murolo il primo figlio avuto dalla nipote della moglie e ne concepiva altri tre con la stessa: i fratelli De Filippo. “Ma Napoli, fino alla grande guerra, non è solo questo: è anche una metropoli europea moderna, una città dall'elevato livello culturale dove si realizzano esperienze di rilievo sul piano professionale, sul terreno commerciale, nel conflitto sociale tra industriali, per lo più stranieri o settentrionali, e operai organizzati sindacalmente. La Belle Époque napoletana non è solo fatta di luminosi café chantant ma di iniziative economiche e progetti politici e delle prime originali forme della cultura di massa. Le classi dirigenti hanno, per lo più, una loro dignità e si preoccupano degli interessi pubblici.” (6)

Ed entrambi arrivarono in Calabria: Filippo richiamato a Platì dallo zio Francesco (u gnuri) che sentiva avvicinarsi la propria fine ed aveva un ingente patrimonio da passare al nipote, Alberto forse richiamato dal padre a Benestare. Entrambi si saranno guardati intorno per trovare una sposa che fosse al loro livello per beni e condizione sociale trovandola nelle sorelle Lentini. Il primo matrimonio fu quello di Alberto e Maria Domenica nel 1901, il secondo quello di Filippo e Maria Giovanna nel 1905.
Alberto esercitò come avvocato e fu tutore dei figli del conte Filippo Oliva, deceduto nel 1914, dopo la morte della cognata Maria Giovanna nel 1927.


(1) NOSTRI AVI- Forum Italiano della Commissione Internazionale permanente per lo Studio degli Ordini Cavallereschi, dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano e di Famiglie Storiche d'Italia - Sito ufficiale
(2) Prima dell’avvento dei Tir e dei containers il trasporto delle merci e dei viveri era praticato, mediante carri trainati da giumente o cavalli, soprattutto dai cosiddetti vaticali (da via = viaticum), gli addetti al trasporto per cosi dire “accelerato”, che affiancavano i carresi, i quali, in quanto dediti prevalentemente al trasporto dei materiali non deperibili utilizzavano, invece, carri trainati dai buoi”. Antichi mestieri. Pezzella
(3) Indistriante: 1. ant. Chi esercita un’attività industriale o comunque trae dall’industria i suoi guadagni. 2. Nell’Italia merid., conduttore di azienda agricola in affitto, generalmente di notevole estensione. Treccanii, vocabolario online.
(4) Da Rosa Sergi viene anche il mio nome poiché da questa coppia, per via femminile discende mia nonna Rosa Miceli.
(5) Dorotea fu capostipite di un’altra famiglia importante poiché in seconde nozze sposò Francesco Mittiga e fu la madre del brigante Mittiga.
(6) Francesco Barbagallo, Napoli Belle Époque (1885-1815)

Si ringrazia la famiglia Perone per la concessione delle foto.

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