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Platì, la storia



Quanto segue è soltanto un riassunto rispetto all’incredibile varietà di eventi, leggende e documenti che compongono la lunga storia di Platì. Per approfondimenti, si rimanda ai numerosi articoli e alle fonti originali pubblicate su “ilpaesediplati.blogspot.com”.


Nota dell’Autore

Questo articolo è redatto da Francesco Violi e pubblicato originariamente su ilpaesediplati.blogspot.com.

Tutti i diritti riservati. In caso di ripubblicazione o citazione, si prega di contattare l’autore e di inserire un adeguato riferimento alla fonte.


Le origini del nome: tra leggenda e toponomastica

Sulle origini del nome “Platì” si intrecciano storia e leggenda. Secondo una diffusa tradizione, esso deriverebbe dalla voce italiana “prati”, alludendo ai pascoli di fondo valle, mentre altre teorie collegano il termine all’etimo greco platus, “largo, ampio, esteso”. C’è poi chi sostiene che “Platì” nasca da “pratos”, ovvero “venduto”, a indicare gli antichi passaggi di proprietà feudali.

Collocato sul versante orientale dell’Aspromonte, Platì si trova lungo una dorsale che dal Monte Scorda digrada verso il Mar Ionio, attraversata dal torrente Careri, spesso impetuoso. Proprio laddove il corso d’acqua si restringe in una sorta di “gola” naturale sorse, in posizione strategica, il nucleo abitativo originario.


Le radici cinquecentesche e le prime famiglie feudali

La fondazione del centro viene generalmente fatta risalire all’inizio del XVI secolo, quando la popolazione dei centri montani, in cerca di nuovi spazi, cominciò a scendere a valle. Nel 1496, il re Federico d’Aragona concesse al conte Tommaso Marullo alcune foreste, ma ne riservò l’uso per l’allevamento delle giumente reali. Verso il 1505, Ferdinando il Cattolico rivendette parte di quelle foreste – situate in località “Plati et de Sancta Barbara” – a don Carlo Spinelli, generando una complessa contesa con i Marullo, anch’essi detentori di diritti sull’area.

Nel 1517, l’imperatore Carlo V e la regina Giovanna confermarono definitivamente a don Carlo Spinelli le terre del Fondaco di Platì e di Santa Barbara. Sarà Pirro Antonio Spinelli, figlio di Carlo, a far costruire, attorno al 1546, le prime capanne di pastori nella valle del flumen Chareria, gettando le basi di un futuro borgo.

Ipotesi aggiuntiva
Secondo il sottoscritto, alcuni documenti suggeriscono che il territorio di Platì fosse frequentato già prima di questa data (1505) da abitanti dell’altro versante dell’Aspromonte, che qui detenevano piccoli appezzamenti agricoli. Ciò aprirebbe scenari ancora più antichi sulle effettive origini dell’insediamento.


Le contese nobiliari e l’ascesa del casale di Motta Platì

I contrasti tra gli Spinelli e i Marullo si protrassero per decenni, soprattutto intorno ai confini delle foreste e allo sfruttamento delle risorse. Nel 1555, dopo la morte di Pirro Antonio, subentrò suo figlio Carlo Spinelli, che ottenne il titolo di duca sul feudo nel 1557, pagando il dovuto relevio. Le diatribe territoriali si conclusero con l’intervento del Sacro Regio Consiglio, il quale nel 1568 riconobbe i diritti di Carlo Spinelli, poi ratificati anche da Vincenzo Marullo in omaggio alla volontà del sovrano.

Sul fronte della contea di Cariati, donna Francesca Spinelli (figlia di Giovanni) ereditò il titolo e, grazie a una dispensa apostolica, sposò suo cugino Scipione Spinelli, figlio di Carlo e duca di Seminara. Fu proprio Scipione, nel 1569, a subentrare nei diritti sul casale di Motta Platì, segnando un ulteriore consolidamento della famiglia in questa porzione d’Aspromonte.


Popolazione, chiese e vita quotidiana tra Seicento e Settecento

Un censimento del 1631 (condotto da don Giovanni Mottamoros) attesta l’esistenza di 80 famiglie, per un totale di 210 abitanti. Un nuovo censimento del 1642, invece, riscontrò un calo demografico a 132 persone, per lo più occupate nella pastorizia. Nonostante le piccole dimensioni, Platì poteva già contare su due chiese, un carcere e un’unica via di transito: segno di una minima struttura organizzativa.

Il terremoto del 1783

Il 5 febbraio 1783, un violento terremoto colpì la Calabria meridionale. Platì, che all’epoca contava 1143 abitanti, subì crolli devastanti, con 25 vittime e danni stimati in 100.000 ducati. L’evento rimase impresso nella memoria collettiva come una vera e propria tragedia, influenzando la vita socio-economica del luogo e obbligando a lunghi interventi di ricostruzione.


Dalle rivolte di metà Ottocento ai moti risorgimentali

Tra la fine degli anni 1840 e l’inizio del 1847, l’area aspromontana fu percorsa da agitazioni sociali e politiche, preludio dei moti risorgimentali. Fonti dell’epoca, alcune riportate nel blog “ilpaesediplati.blogspot.com”, segnalano fermenti contadini e rivendicazioni contro gravami feudali. La fitta rete di boschi offriva rifugio a briganti e a gruppi di ribelli, rendendo l’Aspromonte un pericoloso crocevia di insurrezioni.

Con l’Unità d’Italia (1861), si accentuò la percezione di isolamento delle zone interne, dove crebbe il fenomeno del brigantaggio. A Platì si distinse Ferdinando Mittiga, che radunò contadini, renitenti alla leva e malviventi, suscitando l’attenzione dei legittimisti di Francia e di Napoli. Questi inviarono in Calabria il generale spagnolo José Borjes (con 22 ufficiali) per sostenere la ribellione contro il neonato Stato unitario, ma l’impresa fallì: Mittiga venne ucciso, mentre Borjes si diede alla fuga.


Il terremoto del 1894 e le sue conseguenze (anteguerra)

Un altro forte evento sismico colpì la Calabria nel 1894, interessando anche Platì. Pur meno distruttivo di quello del 1783, causò danni in un territorio già fragile. Una relazione dell’epoca (riportata nel blog “ilpaesediplati.blogspot.com”) descrive le difficoltà della ricostruzione, aggravate dalla scarsità di risorse e dalle condizioni economiche modeste, elementi che avrebbero poi caratterizzato gran parte della prima metà del Novecento.


Platì tra le due guerre mondiali: la memoria di una generazione

Se il Novecento fu segnato da forti ondate migratorie e dai traumi delle due guerre, è anche vero che, tra la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) e la Seconda (1939-1945), Platì conobbe un periodo in cui la vita quotidiana era scandita dai ritmi della terra e dai giochi infantili. Le memorie riportate in alcuni racconti autobiografici (come il prezioso testo “Platì tra le due guerre” di Graziella Fera) danno uno scorcio vivido di quei tempi:

  • Giochi infantili e materiali poveri: i bambini recuperavano frammenti di ceramica o di vetro, chiamati “sciscia”, competendo per trovare i più colorati (ad esempio, i pezzetti di bottigliette di gazzosa). Altri si cimentavano in giochi di abilità (come “‘u suricicchiu”), mentre con l’avvicinarsi della Pasqua risuonavano i “garici” in chiesa, al posto delle campane silenziate dal Giovedì al Sabato Santo.

  • Vita artigiana e contadina: la maggioranza della popolazione era occupata in agricoltura e pastorizia, ma non mancavano artigiani abili e coscienziosi (sarti, calzolai, fabbri, muratori). Le donne tessevano in casa con telai di legno, lavorando cotone, lino, ginestra e lana; diffuso anche l’allevamento del baco da seta, prezioso per i corredi nuziali.

  • Solidarietà e riti comunitari: la povertà non impediva uno spirito di autentica solidarietà. Nascite, matrimoni e lutti erano vissuti come eventi collettivi, e i rapporti di “comparaggio” (madrina, padrino, figlioccio) creavano vincoli profondi quasi quanto quelli di parentela.

Questo microcosmo si frantumò con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale. Emblematico rimane il ricordo del 10 giugno 1940, quando, tra l’ansia della popolazione radunata in piazza, Mussolini annunciò l’entrata in guerra dell’Italia. In molte testimonianze, i volti pallidi e tirati degli uomini all’ascolto rispecchiavano la consapevolezza di un cambiamento epocale: un’era finiva, lasciando il posto alle incertezze del conflitto.

Nonostante le due guerre mondiali e il massiccio esodo migratorio verso il Nord Italia, l’Australia e le Americhe, Platì vide una progressiva (anche se non lineare) crescita demografica. Varie alluvioni (tra cui la catastrofica del 1951) e smottamenti continuarono a mettere alla prova il territorio, situato a cavallo tra lo Ionio e il Tirreno. Ciononostante, il paese conservò un potenziale agricolo e pastorale di rilievo.

Attraverso interventi di bonifica, un lento ampliamento della rete stradale e una maggiore presa di coscienza della memoria storica, si è assistito a una progressiva valorizzazione dell’identità locale.


Conclusioni: un lungo cammino tra storia e modernità

Platì si rivela così un crocevia di racconti: dai feudatari Spinelli e Marullo, alle vicende drammatiche dei terremoti, fino alle esperienze comunitarie di inizio Novecento e ai traumi delle guerre mondiali. Le documentazioni e le leggende, conservate o recuperate nel tempo – soprattutto grazie al lavoro di ricerca e divulgazione sul blog “ilpaesediplati.blogspot.com” a cura dello storico Francesco Violi – restituiscono l’immagine di un paese dall’anima complessa e ricco di sedimenti storici.

Questo testo non vuole essere che un assaggio di una storia molto più vasta e articolata, fatta di una miriade di eventi, personaggi e testimonianze. Chi desidera approfondire potrà trovare maggiori dettagli consultando i numerosi articoli pubblicati su ilpaesediplati.blogspot.com, in cui si esplorano gli sviluppi storici, le particolarità socio-culturali e le questioni economiche che hanno forgiato il volto attuale di Platì.


Francesco Violi


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