La rocambolesca vita di Giosafatte Agresta, il platioto poliglotta


Questa storia è una delle mie preferite.  È lunga da leggere, ne sono consapevole, ma è una storia in cui  la mia ossessione per la memoria,  per la tutela e la cura di vite, aneddoti e nomi che potrebbero scomparire, la mia passione per l'emigrazione italiana in particolare per quella platiese, trovano un concentrato di tutto quel sentimento che mi porta a scrivere e a fare ricerca. Qui si compie parte del mio essere cultore e ricercatore di storia, nonché l'attuazione del divulgatore e documentarista culturale.  
Questa è una di quelle storie che ci racconta cosa han potuto passare i nostri compaesani, e gli italiani tutti, il giorno in cui hanno messo piede in terra straniera, in questo caso l'America. È Stephanie Agresta, dagli USA, a raccontarmi gli aneddoti e le storie su suo nonno Giosafatte Agresta. 
Giosafatte nasce a Platì il 28 ottobre del 1888. In quell'anno a Bova vede la luce Giuseppe Delfino, futuro maresciallo dei carabinieri, il famoso sbirro d'Aspromonte meglio noto come Massaru Peppi. È l'anno in cui si decide di iniziare a seppellire i morti nel campus sanctus, precisamente a partire dall'11 febbraio i defunti non vengono più sepolti all'interno della chiesa. È sempre nel 1888 (1 giugno) viene eretta la Confraternita del SS. Rosario, nello stesso anno approvata dal Vescovo Mangeruva.
Giosafatto, ultimo di sette figli, nasce in corso San Pasquale da Giuseppe Agresta di Domenico, bracciante, e Giuseppa Ciampa, tessitrice. Testimoni all'atto di registrazione i braccianti Francesco Mittiga e Giuseppe Romeo; ufficiale dello stato civile: Francesco Oliva fu Arcangelo. 
È un adolescente quando il padre, Giuseppe, lascia casa, e con essa moglie e 4 figli, alla ricerca di una vita migliore imbarcandosi verso Nuovo Mondo. Al reclamo del padre anche Domenico, il figlio maggiore, prende la nave ma giunto in America ecco che il genitore scompare per non essere mai più rivisto. Ora era Domenico a doversi occupare della famiglia e così reclama inizialmente il fratello Rocco e poi Giosafatte ma le avventure per il giovane platioto sono appena iniziate tant'è che, dopo mesi di traversata oceanica, i fratelli non si presentano per reclamarlo e Giosafatto viene rimandato indietro. 
Restare a Platì in quello che era il nuovo secolo, non rientra tra i piani di Giosafatto. Ritenta ed entra negli Stati Uniti, sempre su richiesta del fratello, mettendo piede a Ellis Island il 14 febbraio del 1906 a bordo dello Steamer Hamburg, o "hamburger" come lo chiamava lui stesso, da quanto mi racconta Stephanie.

Una nave costruita in Germania nel 1900, con una velocità di servizio di 15 nodi. 2.170 passeggeri (290 di prima classe, 100 di seconda classe, 1780 di terza classe); Due alberi e due imbuti. Scafo in acciaio e quattro ponti. 225 uomini d'equipaggio. Sequestrata dagli USA nel 1917 e messa a servizio delle truppe americane, verrà demolita nel 1928. 
Giosafatto aveva 17 anni e con lui si imbarcano Iermanò Giovanni (35), Catanzariti Rosario (42), Pangallo Francesco (27), Garreffa Francesco (29), Catanzariti Francesco (23) e Schimizzi Antonio (29).  I tre fratelli Agresta si stabiliscono a Massena NY, meta privilegiata dei platioti.




A 21 anni conosce e sposa Margaret Marando, anch'ella emigrata, che allora aveva 16 anni. Figlia di Francesco e Caterina Carbone. Nascono Giuseppina, Giuseppe e Francesco. Prende vita una nuova generazione in America ma un scarno destino si nasconde dietro l'angolo. A soli 21 anni la giovane mamma Margaret muore a causa di una semplice malattia, semplice per i giorni nostri. Giosafatto si trova privo di quel pilastro fondamentale per una solida famiglia. Tre pargoli da accudire, un lavoro su cui sta gettando le basi per un futuro migliore, non può che accettare la sorte e portare i tre figlioletti in un orfanotrofio. "Non dateli a nessuno, tornerò a riprenderli" riferisce con l'amaro in bocca; unica promessa a cui aggrapparsi per i tre che hanno appena perso la madre e ora vedono il padre allontanarsi, non si sa per quanto, da loro.

Passano gli anni, Giosafatto non demorde, fa di tutto pur di poter mantenere quella promessa. Incontra e sposa un'altra donna, Yolanda Savino, di origini pugliesi, che viveva nella città vicina di Ogdensburg e più giovane di 14 anni. I tempi erano quelli che erano, i due non avevamo molti modi per comunicare prima di congiungere a nozze e i Savino non possedevano un telefono. Giosafatto quindi telefonava in casa dei vicini di Yolanda che di tanto in tanto si presentavo l'aiuto dalla giovane donna per faccende casalinghe. La differenza d'età era stata motivo di imbarazzo ma riescono ad arrivare al matrimonio e la prima cosa che fa Giosafatto, una volta ritrovata una nuova figura femminile punto di riferimento, è prendere i suoi tre figli in orfanotrofio. Sporchi e sciupati, Yolanda li accoglie per crescerli come figli suoi. La famiglia si allarga, gli sforzi vengono ripagati, nascono altri 4 figli (3 femmine e un maschio, il padre di Stephanie) ma una di loro, la piccola Teresa, muore per ustioni a seguito di un incidente domestico. Quasi come se la malasorte volesse ricordare a Giosafatto che essa è sempre in agguato.
Giosafatto impara a lavorare il ferro battuto e diventa un apprezzato fabbro ma giungono gli anni del proibizionismo, originatosi in grembo al moralismo americano, che aggravano i tempi. Ma lui è arguto e tenace e anche qui si cimenta nei traffici di liquore facendosi aiutare dal suocero e dai cognati. Inizia a trasportare alcolici verso il Canada poiché molto vicino al confine. Una delle storie che hanno alimentato e miticizzato la figura di Giosafatto agli occhi dei futuri nipoti è quella in cui lo vede accogliere due suore che viaggiano a piedi lungo la strada che lui un giorno stava percorrendo. Offre loro un passaggio e un gelato. Uomo intelligente dice Stephanie, poiché chi avrebbe potuto fermare un gentiluomo che accompagnava delle suore? Queste non potevano sapere che in verità sotto i gelati vi erano distillati appena prodotti.
In un'altra delle sue avventure un agente di polizia gli confisca un intero carico di liquori che anziché portare presso la stazione di polizia lo nasconde nella propria cantina. Giosafatto decide che deve riprendersi il carico e, non si sa come, riesce nel suo intento. Il poliziotto non poteva di certo denunciare di essere stato derubato di decine di casse di alcolici che custodiva in casa. 
Giosafatto se la cavava così, mi racconta la nipote.


Il profitto era ottimo, Giosafatto aveva raggruppato un bel gruzzoletto da potersi permettere una vita dignitosa. Quando le famiglie della criminalità organizzata prendono possesso del business dei liquori, la moglie Yolanda pretende lui abbandoni l'attività. Una piccola leggenda della famiglia Agresta vuole che lui abbia accumulato un cofanetto di monete d'oro di cui, tutt'oggi, nessuno sa in che modo Giosafatto se ne sbarazzò.

Ma i misteri e gli enigmi su quest'uomo così caparbio ed audace, nonostante la vita gli fosse stata avversa in giovane età, non sono finiti. Come avete notato il titolo lo riporta come il platioto poliglotta poiché Giosafatto parlava correttamente l'ungherese.  Ma non basta: spesso lavorava per il sistema giudiziario di Massena come traduttore degli indiani Mohawk . Forse si può comprendere la conoscenza dell'ungherese, nata magari per traffici con la comunità dei magiari. Questi erano fuggiti dalle controversie rivoluzionarie a danno degli Asburgo sin dalla prima metà dell'800 e avevano occupato la fascia agricola dello stato di New York. Si può trarre un'ipotese del perché Giosafatto parlasse quella lingua ma capire perché conoscesse il linguaggio dei nativi è veramente impossibile, ormai. Gli stessi familiari non hanno mai saputo darsi una spiegazione.
Gli anni scorrono e la famiglia si trasferisce nel Connecticut, dove  i discendenti risiedono ancora, e Giosafatto si dedica a tempo pieno alla sua professione di fabbro. Girando nel loro quartiere vi sono abitazioni che hanno ancora le ringhiere in ferro battuto realizzate da lui. Aveva aperto un laboratorio nel proprio cortile creando un proprio design. Uno dei nipoti, Matthew, si divertiva spesso a spaventarlo mentre era concentrato sui suoi lavori. Giosafatto urlava preso di soprassalto. In una giornata di primavera, il ragazzo si accinge per un altro dei suoi "agguati" ma stavolta il nonno non ha nessuna reazione. È il 25 aprile del 1965. Un infarto ferma la vita di Giosafatto Agresta mentre chiuso nel suo laboratorio si dedicava a ciò che amava.

Non si è saputo mai nulla di Giuseppe Agresta, padre di Giosafatto. Da quanto sono riuscito a ricostruire sembra abbia lasciato Platì nel lontano 1890, quando il nostro protagonista aveva solo 2 anni. Stephanie mi riporta di aver appreso che è venuto a mancare intorno al 1930. Se ha cambiato nome e cosa l'abbia spinto ad abbandonare la famiglia, inclusa la moglie Giuseppina e una delle figlie rimaste in paese, non abbiamo modo di saperlo.

Ringrazio Stephanie Agresta, figlia di William figlio di Giosafatto, per avermi fornito le informazioni su suo nonno e la sua storia.


Francesco Violi

3 commenti:

  1. Domenico Agresta, Massena, N.Y., was my great-grandfather and Rocco Agresta was my great-uncle. Apparently, they never said anything about their father Giuseppe Agresta di Domenico and their younger brother Giosafatte Agresta emigrating with them to Massena, NY. Intriguing! If anyone has any more information I would like to get it. Thanks!

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  2. ciao Samuel, thanks for writing to me. Everything I know has been put into this story

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