La difesa del comune di Platì - Una battaglia di terre e diritti


 

Napoli, 23 febbraio 1839
In un tempo in cui la terra rappresentava molto più che un semplice spazio geografico, il Comune di Platì si trovò a combattere una battaglia legale per la sopravvivenza dei suoi cittadini. Il ricco proprietario, don Francesco Oliva, avanzava pretese su vasti territori, sostenendo che essi fossero di sua esclusiva proprietà. Tuttavia, il Comune, con le sue Università civiche, resistette fermamente, portando la questione davanti alla Consulta dei Reali Domini.

L’avvocato Domenico Zerbi, incaricato di difendere Platì, aprì la sua memoria con parole che non lasciavano spazio a dubbi: la posta in gioco non era soltanto una questione di confini, ma la sopravvivenza stessa di un’intera comunità. Il cuore della disputa era semplice, ma cruciale: la distinzione tra terre demaniali e coloniche, su cui si basavano i diritti d’uso dei cittadini.

Una lunga storia di diritti contesi

Secondo i documenti, già dal 1806, con il decreto del 2 agosto, si erano stabilite regole precise per le terre demaniali. Esse dovevano essere distribuite equamente tra i cittadini, garantendo loro il diritto di pascolo e di coltivazione. Tali disposizioni erano state rafforzate da ulteriori decreti nel 1807 e nel 1808, che avevano regolamentato anche le cosiddette terre coloniche, prevedendo che queste fossero divise tra coloro che le lavoravano.

Oliva, però, sosteneva che i terreni in questione fossero interamente suoi, ignorando che tali terre, secondo la legge, erano da considerarsi promiscue e non di esclusivo dominio. Zerbi rispose con decisione: se tali terre erano ancora da assegnare definitivamente, nessuno, nemmeno un ricco proprietario, poteva privare i cittadini del loro diritto d’uso.

La memoria storica e la forza della legge

L’avvocato portò in aula un punto cruciale: la verifica dei terreni non era stata completata, e i documenti prodotti da Oliva erano insufficienti a dimostrare la sua proprietà esclusiva. Zerbi sottolineò che la legge era dalla parte dei cittadini di Platì. Ogni tentativo di sottrarre loro le terre demaniali non era solo illegittimo, ma andava contro i principi stessi di giustizia e uguaglianza su cui si basava la ripartizione dei beni comuni.

Un appello alla giustizia

La conclusione della memoria fu un appello accorato. Zerbi scrisse: "Di rincuorare ad un potente proprietario lo sventurato Comune di Platì, il quale non vive che di pascolo, posto in pericolo di perdere non solo gli usi, dai quali dipende la sussistenza dei cittadini, ma pure i compensamenti, che le leggi sulla divisione dei Demanii gli assicuravano, mancando già la tutela naturale, che dalla prima autorità della Provincia si aspettava." Le sue parole, intrise di passione e determinazione, risuonarono come una difesa non solo legale, ma morale.

Il caso si concluse con una sentenza che, sebbene non perfetta, riconobbe almeno in parte i diritti del Comune. Una vittoria per Platì, che continuò a vivere e a lottare sulle sue terre.

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