Testimonianze di una donna tessitrice di Platì


Questa anziana signora era la 
bisnonna di Franco Molluso 
che mi ha gentilmente concesso
la foto
In questo racconto, viene evocato il paziente e antico processo di lavorazione della lana, che un tempo scandiva le giornate di maggio e le abitudini della vita contadina. A partire dalla tosatura delle pecore, seguiamo ogni fase della trasformazione della lana grezza in tessuto, un’arte che richiedeva abilità e dedizione. La lana, raccolta, lavata e asciugata al sole, passa attraverso mani esperte che la cardano, la filano e infine la trasformano in matasse pronte per essere tessute.

Si distinguono due tipi di tessuti: il panno rustico, resistente e impermeabile, ideale per i mantelli dei mandriani, e il franninella, più leggero e raffinato, perfetto per i vestiti del ceto borghese. Ogni capo, dalla pesante mantella dei pastori alla colorata farigghia, riflette l’essenza di una comunità che sapeva trarre dal proprio ambiente ciò di cui aveva bisogno, trasformando la lana in indumenti che portavano con sé non solo calore e protezione, ma anche una profonda identità culturale.


"Verso gli ultimi giorni di maggio si tosano le pecore, la lana si appende, si torce e si raccoglie, a forma di un grande mantello. Si mette nell'acqua tiepida e si sgrassa. Poi si porta alla fiumara e si sciacqua bene finché è bianca. Si mette aperta al sole perché asciughi e quando è ben asciutta si passa tutta nelle mani e si allarga, cioè si carmina pulendola dai residui spinosi. Poi si deve pettinare, cardare. Il pettine è fatto di due pezzi di legno coperti di chiodi. Un pezzo si lega alla scala, l'altro lo tiene in mano chi pettina e fa passare la lana tra i due pezzi di legno strofinandoli uno sull'altro. Una volta pettinata si deve filare. Ridotta in batuffoli si fila con la cunocchia (conocchia) e il fuso, torcendola per renderla in fili sottili. Dopo l'operazione di filatura, la lana, viene avvolta au matassaru (all'aspo) per formare le matasse. "

In un primo tempo si usavano tessuti in lana che a secondo della loro qualità si dividevano in due generi: il cosiddetto panno che è formato da una qualità di lana più forte e più ruvida detta lana rustica, ed un panno più leggero formato da una lana più fine detto franninella . Il primo panno più forte e doppio serviva per gli abiti ed i mantelli dei mandriani e contadini, i quali, essendo più esposti alle intemperie avevano bisogno di un vestito che mantenesse caldo e nel contempo fosse impermeabile all'acqua; il secondo panno serviva per i vestiti del ceto medio borghese perché più fine e più da comparsa, come la farigghia(gonna tutta pieghettata di cotone o lana a colori diversi)Entrambi i tipi, dopo tessuti, venivano messi alle gualchiere per divenire doppi e più resistenti.



tratto dal web

1 commento:

  1. Mia nonna Anna Maria Timpani fu tessitrice di Plati' fino al 1965. Emigro' in Australia, Adelaide con i suoi nipoti Mimmo e Tota, nel Maggio del 1965, subito dopo la morte della giovane figlia e madre "donna Fina Mittiga".

    Ricordo bene "u fusu ferro" che usavo per riempire le cannelle. Come pure "u manganeiu, i novetti, u pettunu etc.

    RispondiElimina