Questa anziana signora era la bisnonna di Franco Molluso che mi ha gentilmente concesso la foto |
"Verso gli ultimi giorni di maggio si tosano le pecore, la lana si appende, si torce e si raccoglie, a forma di un grande mantello. Si mette nell'acqua tiepida e si sgrassa. Poi si porta alla fiumara e si sciacqua bene finché è bianca. Si mette aperta al sole perché asciughi e quando è ben asciutta si passa tutta nelle mani e si allarga, cioè si carmina pulendola dai residui spinosi. Poi si deve pettinare, cardare. Il pettine è fatto di due pezzi di legno coperti di chiodi. Un pezzo si lega alla scala, l'altro lo tiene in mano chi pettina e fa passare la lana tra i due pezzi di legno strofinandoli uno sull'altro. Una volta pettinata si deve filare. Ridotta in batuffoli si fila con la cunocchia (conocchia) e il fuso, torcendola per renderla in fili sottili. Dopo l'operazione di filatura, la lana, viene avvolta au matassaru (all'aspo) per formare le matasse. "
In un primo tempo si usavano tessuti in lana che a secondo della loro qualità si dividevano in due generi: il cosiddetto panno che è formato da una qualità di lana più forte e più ruvida detta lana rustica, ed un panno più leggero formato da una lana più fine detto franninella . Il primo panno più forte e doppio serviva per gli abiti ed i mantelli dei mandriani e contadini, i quali, essendo più esposti alle intemperie avevano bisogno di un vestito che mantenesse caldo e nel contempo fosse impermeabile all'acqua; il secondo panno serviva per i vestiti del ceto medio borghese perché più fine e più da comparsa, come la farigghia(gonna tutta pieghettata di cotone o lana a colori diversi)Entrambi i tipi, dopo tessuti, venivano messi alle gualchiere per divenire doppi e più resistenti.
tratto dal web
Mia nonna Anna Maria Timpani fu tessitrice di Plati' fino al 1965. Emigro' in Australia, Adelaide con i suoi nipoti Mimmo e Tota, nel Maggio del 1965, subito dopo la morte della giovane figlia e madre "donna Fina Mittiga".
RispondiEliminaRicordo bene "u fusu ferro" che usavo per riempire le cannelle. Come pure "u manganeiu, i novetti, u pettunu etc.