Dal filmato dell'Istituto Luce sull'inaugurazione del sanatorio, costruito poi per i tubercolotici |
All’inizio del Novecento, l’emigrazione era una ferita aperta per molte famiglie italiane. Padri e madri lasciavano il loro paese natale in cerca di una vita migliore oltreoceano, ma spesso a pagarne il prezzo erano i figli, lasciati indietro in condizioni di estrema povertà. In questa realtà di speranza e sacrificio, Monsignor Giosafatte Mittiga, priore del Santuario di Polsi e figura carismatica della Calabria, concepì un’idea straordinaria: costruire un sanatorio per i bambini sulle montagne dell’Aspromonte.
La sua missione, però, non si limitava al progetto del sanatorio. Il 5 febbraio del 1922, Monsignor Mittiga si imbarcò per un viaggio negli Stati Uniti con il benestare di Sua Santità e del Governo d’Italia. Lo scopo era duplice: portare conforto religioso e morale ai numerosi connazionali emigrati e raccogliere fondi per la costruzione della strada verso Polsi e per la fondazione di un sanatorio dedicato ai figli degli emigranti in difficoltà. Con grande spirito di servizio, Monsignor Mittiga scrisse una lettera indirizzata ai parroci e procuratori del Santuario di Polsi, chiedendo loro di avvisare le famiglie con parenti negli Stati Uniti affinché lo contattassero durante la sua visita. Il suo indirizzo a New York era presso la Banca Nazionale del Reduce, al 327 Broadway.
In questa lettera, Mittiga sottolineava la sua missione con parole toccanti:
“Con sommo compiacimento, poi, prego vi voler partecipare a tutti i vostri dipendenti ed amici che oltre della benedizione apostolica, il Santo Padre mi ha autorizzato d’impartire il sacramento della Cresima a tutti i fanciulli Calabro Siculi colà residenti. Pertanto alla vostra volta rendetelo di pubblica ragione e con ciò farete cosa grata non solo a me facilitando la mia delicata missione; ma quanto vi renderete benemerito innanzi al mondo ed alla storia perché la voce della Patria è la più nobile espressione del vivere religioso e civile.”
Queste parole dimostrano non solo la dedizione di Mittiga verso il suo popolo, ma anche la sua visione di unire comunità lontane attraverso la fede e la solidarietà.
L’Idea del Sanatorio
Il sanatorio, pensato come luogo di accoglienza e cura, doveva offrire riparo ai bambini rimasti in condizioni di indigenza dopo che i loro genitori erano emigrati. Il progetto, che ambiva a unire assistenza sanitaria e sostegno morale, si radicava in una profonda consapevolezza delle difficoltà vissute da queste famiglie. Monsignor Mittiga intuì che la salute e l’educazione di quei bambini erano la chiave per garantire loro un futuro, nonostante l’assenza dei genitori emigrati.
Il Sostegno di Enrico Caruso
Nel maggio 1921, la causa trovò un sostenitore d’eccezione: Enrico Caruso, il celebre tenore italiano amato in tutto il mondo. In una lettera indirizzata a Monsignor Mittiga, pubblicata dal New York Tribune, Caruso dichiarò il suo entusiastico appoggio al progetto. Nonostante la sua salute compromessa, il tenore espresse il desiderio di contribuire attivamente, anche solo moralmente, definendo la causa "santa" e lodando la determinazione di Monsignor Mittiga.
Caruso scrisse:
"Se la mia salute me lo permettesse, sarei uno dei più attivi sostenitori di questa iniziativa. Anche se non posso offrire un aiuto materiale, sappiate che il mio cuore e la mia stima sono con voi in questa causa santa che conducete con autorità."
Le sue parole, piene di passione, suscitarono un’eco significativa sia in Italia che tra le comunità italiane emigrate negli Stati Uniti, attirando l’attenzione sul progetto e aiutando a raccogliere i fondi necessari.
Il riconoscimento papale
Un anno dopo, nel dicembre 1922, il progetto ricevette una consacrazione simbolica quando Monsignor Mittiga fu ricevuto da Papa Pio XI. Durante l’udienza, il Santo Padre benedisse l’iniziativa del sanatorio, riconoscendola come un’opera di carità e giustizia sociale. Questo riconoscimento consolidò il progetto, rafforzando il suo valore morale e spirituale.
Un progetto di fede e solidarietà
Il sanatorio non era solo un luogo fisico, ma un simbolo di solidarietà e speranza. La scelta dell’Aspromonte, con la sua natura aspra e incontaminata, rappresentava un ritorno alle radici, un luogo dove i bambini potevano ritrovare serenità e cura in un ambiente lontano dalle difficoltà urbane. L’impegno di Monsignor Mittiga e il sostegno di figure come Caruso dimostrano come la fede e la determinazione potessero unire le comunità, sia in patria che all’estero, per affrontare sfide comuni. Monsignor Mittiga e Enrico Caruso, pur provenendo da mondi apparentemente distanti, condivisero una visione: offrire un futuro migliore ai bambini più vulnerabili.
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