VERSO LA LUCE - ritrovato il testo di Francesco Portolesi


Si dice che la lettura faccia viaggiare ma spesso sono i testi materiali che la contengono a fare i viaggi più improbabili e impensati. Dopo una peregrinatio di diversi anni fra le varie biblioteche italiane e una costante ricerca nel web, ecco che VERSO LA LUCE, il testo più importante della produzione di Francesco Portolesi, o forse quello più citato, spunta nella lontana biblioteca dell'International Institute of Social History di Amsterdam. Facile intuire la mia mobilitazione per poterne ricevere una copia e, dopo il versamento dell'obolo richiesto, ecco che riaffiorano le poche pagine dell'opera riportata ogni qual volta che si è menzionato il nome di Francesco Portolesi, sacerdote in un tempo, giornalista, scrittore e segretario comunale in un altro.





Questa pubblicazione si apre con un concetto caro al Portolesi Per l'idea, dove viene esplicato il motivo e l'essenza dell'opera, una dedica all'amico fraterno d. Enrico G. Cavallo:

Carissimo
Con ragione dedico a te questi versi.
Ricordi?
In un lontano giorno d'estate, pieno di sole e di luce, ascendevi, novello e baldo levita, l'ara sacra del Signore. E venne a te, allora, da questa fiera e sventurata terra di Calabria, il mio sincero e fervido augurio fraterno. Così i nostri cuori s'incontrarono, si compresero, per amarsi sempre. Da quel giorno, o Enrico, quante vicende! E mi fu sempre compagna la tua parola buona. è giunta a me, nelle lettere affettuose, nelle brevi cartoline, dalla tua Mazzè che pensa e che lavora; mi à sorretto, incoratrice, nell'ascesa difficile della vita; mi à invogliato, fiduciosa, alla lotta; mi ha confortato, compassionevole e mite, nell'ore fatte amare dalla malvagità nera degli uomini perversi; mi à acceso nell'animo un fuoco ardente per l'Idea. Per debito di gratitudine dunque, io dedico a te questi versi, in cui ò cercato ritrarre due potenti manifestazioni della vita moderna, Sono stati dettati, ancora una volta, dal vivo amore per l'Idea fulgida e bella, in questi lunghi giorni di anzie febbrili, che precedono la mia scenzione al sacerdozio. O' creduto ricordare così, la data luminosa e indimenticabile. 
Tu, o amico, accetta di cuore la dedica affettuosa, e sappiami compatire, come sempre. Che vuoi: feci quod potui, faciant maliora potentes.
Vogliami bene tanto.

Platì di Calabria - Calendimaggio 06
tuo Ciccillo Portolesi
Ed ecco le due poesie che il nostro Portolesi compone per l'amico e che ritrovano "la luce" su queste facciate. Vi si può leggere un carme  a un maggio che fu , un Maggio, col suo spirito giocoso, abitava tutto l'anno, spassandosela nei mesi estivi, facendo baldoria in quelli autunnali, crogiolandosi al fuoco del caminetto in inverno. Nel mezzo di un mondo di fatiche e di stenti, Maggio aleggiava con un sognante sorriso, e scendeva lì per trovare asilo tra i cuori spensierati:










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