Una poesia ritrovata



A volte i ricordi più belli sono riposti nei comodini, nei cassetti, nelle cassapanche o in soffitta. Sono li e assolvono il loro destino di detentori di memoria nel rivestirsi di una patina di polvere e tempo passato. Attendono che una mano li ridesti da un sonno in attesa. Attendono di riprendere forma in una rigenerazione che forse non troverà più il nonno e lo sguardo che le ha un tempo custodite ma il nipote o pronipote che, si auspica, abbia quella sensibilità adatta a riportarli in vita. Qualcosa del genere è successo a Campiti Pasquale Simone che... lo lasciamo raccontare da lui:

"Oggi rovistando tra le mie cose a casa di mia madre, ho ritrovato un vecchio quaderno delle medie, quaderno che usavo per scrivere quelle che allora provavo a chiamare poesie...tra quelle ho ritrovato questa poesia, la scrisse il mio professore d'italiano delle medie, terza media. Grande professore che tutte le mattine partiva da Bovalino Marina per venire da noi per cercare di farci conoscere un nuovo mondo, un nuovo modo di vedere e vivere il mondo. Quanta pazienza, mentre la maggior parte dei professori non ne aveva, chi ha frequentato le medie a metà anni 80 sa benissimo che si era quanto meno un po' troppo irrequieti...lo ricordo con i suoi baffi amante dei Beatles e di De Andrè, ovviamente anche della poesia. M'incoraggiava sempre nei miei timidi tentativi di scrivere poesie.... incoraggiamento che un po' è servito visto che di tanto in tanto un tentativo, maldestro, lo faccio ancora...."

𝑷𝒍𝒂𝒕𝒊̀ 𝑨𝒇𝒇𝒐𝒏𝒅𝒂 𝒊𝒍 𝒑𝒂𝒆𝒔𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒂𝒄𝒒𝒖𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒊𝒆𝒍𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒓𝒐𝒅𝒐𝒏𝒐 𝒍𝒆 𝒓𝒐𝒄𝒄𝒆 𝒅𝒊 𝒇𝒆𝒓𝒓𝒐 𝒆 𝒊 𝒇𝒓𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒂𝒗𝒆𝒓𝒂 𝒔𝒆𝒎𝒃𝒓𝒂𝒏𝒐 𝒍𝒐𝒏𝒕𝒂𝒏𝒊 𝒂𝒏𝒏𝒊 𝒍𝒖𝒄𝒆. 𝑬' 𝒇𝒓𝒆𝒅𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒕𝒆𝒓𝒓𝒂 𝒎𝒆𝒏𝒕𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒇𝒂𝒏𝒈𝒐 𝒓𝒊𝒄𝒐𝒑𝒓𝒆 𝒈𝒍𝒊 𝒔𝒑𝒊𝒈𝒐𝒍𝒊 𝒅𝒊 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒕𝒂̀. 𝑳𝒆 𝒄𝒊𝒎𝒆 𝒔𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒇𝒊𝒄𝒂𝒏𝒐 𝒏𝒆𝒍𝒍'𝒂𝒛𝒛𝒖𝒓𝒓𝒐 𝒅𝒐𝒑𝒐 𝒍'𝒂𝒍𝒍𝒖𝒗𝒊𝒐𝒏𝒆, 𝒍𝒂𝒗𝒂𝒕𝒆 𝒆 𝒔𝒑𝒍𝒆𝒏𝒅𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒑𝒖𝒏𝒕𝒆 𝒎𝒆𝒕𝒕𝒂𝒍𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒄𝒐𝒍𝒑𝒊𝒔𝒄𝒐𝒏𝒐 𝒊𝒍 𝒄𝒆𝒏𝒕𝒓𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒗𝒊𝒕𝒂: 𝒊𝒍 𝒔𝒂𝒏𝒈𝒖𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒇𝒍𝒖𝒕𝒕𝒖𝒂 𝒆̀ 𝒊𝒍 𝒇𝒊𝒖𝒎𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒅𝒐𝒍𝒐𝒓𝒆!













𝑷𝒓𝒐𝒇. 𝑭𝒓𝒂𝒏𝒄𝒆𝒔𝒄𝒐 𝑮𝒊𝒐𝒓𝒅𝒂𝒏𝒐

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