In questa novella di Natale, il sac. Ernesto Gliozzi Senior racconta la commovente storia di un padre che attende il ritorno dei suoi figli dal fronte. Ambientata nella Platì del 1915, la vicenda si snoda tra il calore del focolare domestico e l’attesa della Messa di mezzanotte, in un contesto dove la guerra ha lasciato segni indelebili nel cuore e nelle case della gente. Massaro Giovanni, padre di tre giovani soldati, si reca in chiesa con il peso dell’angoscia e della speranza, solo per trovarsi di fronte a un miracolo: il ritorno del figlio Pasquale, ferito in battaglia ma vivo, con una medaglia d’argento sul petto.
Attraverso la voce di Pasquale, che racconta con fierezza e umiltà le sfide e gli eroismi vissuti, il racconto tocca il tema della famiglia, del coraggio e della fede, evidenziando l’essenza di un Natale vissuto tra sacrificio e speranza. La novella offre un ritratto intimo di un'epoca e di una comunità legate da valori forti, dipingendo la scena di una casa che si risveglia nella gioia e nell’affetto familiare, ricordando l’importanza di chi è lontano e il significato profondo del ritorno a casa.
In casa di massaro Giovanni, quella sera, il gatto era accovacciato sulla cenere del focolare.
Ogni tanto, col vento scricchiolavano le imposte e, l’animale, sollevava i suoi grandi occhi verdognoli, che lucevano come il fosforo nella notte. Niente altro dava segno di vita e il silenzio, pauroso, rendeva più lugubre quella casa dove, negli anni passati, in quella stessa serata, un allegro chiacchierio di bambini, un vociare contento di uomini e le allegre risate delle donne facevano tutta una festa intima e ricordevole.
Massaro Giovanni era il padre di tre robusti giovinotti Pasquale, Antonio e Vincenzo; due dei quali servono la patria come richiamati ed il terzo era volontario negli Alpini.
Pasquale, era stato ferito sul Monte Nero: fu allora che Vincenzo giurò di voler vendicare il sangue del fratello e partì come volontario. Antonio era bersagliere a … (non lo sapeva neppure massaro Giovanni, perché interrotto dalla censura.)
Da Roma, dalla sala del Trono del Quirinale, dove si trovava degente, Pasquale aveva scritto mirabilia. Verrebbe quasi la voglia, d’essere ferito ed entrare in quel paradiso! ...ma la moglie dell’Eroe, al suocero che le faceva animo, aveva risposto:
-O paradiso o no, mio marito avrebbe voluto essere qui la vigilia di Natale e mangiare la pignolata coni suoi figliuoli.
Il vecchio tacque e i due marmocchi a grandi occhi sgranati, guardarono come per interrogare il nonno e la madre.
Pignolata niente quest’anno avevano sentenziato in famiglia.
Ed ecco perché il gatto era addormentato sulla cenere del fuocolare.
*
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Un lamentio di zampogne, poi un suono allegro di campane annunziavano la Messa della mezzanotte.
Qualche lanterna rompeva allora le tenebre nella strada donde un fischiare di ragazzi, un rumore di passi facevano intendere che l’Uffcio Divino stava per cominciare - quando massaro Gianni si scosse, accese il lume, si vestì in silenzio e scese.
Entrò in Chiesa quando il prete diceva: "Deus in auditorium meum intende".
Si segnò devotamente anche lui, si mise in ginocchio e per un pezzo non intese se non quel salmodiare lento e solenne.
Se nonché, la troppa luce delle candele accese, la monotonia, di quel canto ed anche il brusio di quella folla prosternata, finirono col distoglierlo un poco dal suo raccoglimento, e volò col pensiero ai suoi figli lontani, travolti nel vortice di quella guerra di liberazione, come dicevano, ma che egli avrebbe voluto non ci fosse.
Ritornò alla realtà quando il prete si voltò per fare la spiega dell’Evangelo. Disse tante cose belle, che era un piacere sentirlo; parlò pure della guerra e disse che "una stridente circostanza vuole che il Re Pacifico quest’anno, debba nascere tra i rigori d’una guerra mondiale".
Queste cose massaro Gianni non li capì, ma comprese benissimo la preghiera, quando l’oratore si voltò al Bambino supplicandolo che facesse ritornare i soldati che combattono per una causa santa.
Fu allora che il povero padre si mise a piangere. Né avrebbe avuto il coraggio di sollevare la testa, assorto, com’era nella preghiera, se una mano non l’avesse scosso, ond’egli trasalì. Ritto, dietro di lui, c’era un giovine, aitante nella persona, reso più simpatico dalla divisa grigio e verde.
Pasquale! Fu un grido di gioia ed un abbraccio interminabile: pareva che entrambi volessero nascondere le lacrime.
Il prete intanto licenziava: il popolo con le parole: << Ite missa est >> e molti dissero di aver veduto sul petto di Pasquale, brillare una cosa, come una medaglia.
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Un memento dopo, Pasquale portava, in trionfo per la casa due amorini di fanciulli ignudi, coperti con la sua mantellina di lana, dalla quale mettevano fuori, le testoline bionde e ricciute.
Ogni tanto, due paia di manine si muovevano, come per accarezzarlo, ed il ferito di Monte Nero sorrideva così beatamente.
La moglie, il padre ed una turba di parenti ed amici facevano corona in quella scena troppo familiare e quando Pasquale si decise di parlare, anche i bambini spalancarono tanto di orecchi.
Premetto - disse – che il Bambino Gesù volle ascoltare la preghiera di questi angioletti. E vi assicuro che combattevo per loro; proprio, per i miei figliuoli …
Quando vedeva dei bambini abbandonati o dei fanciulli senza tetto; quando sentivo dire come nel Belgio, i ragazzi furono mutilati da quei cani ... Oh allora, veniva la rabbia di distruggerli tutti quei birbanti. E dire che domani, potevano essere i miei figliuoli in quelle circostanze!
Se si ha la porta di casa aperta bisogna chiuderla, massime se si sa che fuori c'è gente senza scrupoli. Baciò ancora una volta i suoi marmocchi e riprese la narrazione; tutta una storia di ardimenti e di valore.
Si saliva con le corde, di notte, su quelle rocce nude ed ammassate sulle rocce. Di giorno, li avremmo guardati con paura, ma, allora non c’era tempo di tremare e, come con le ali, salimmo.
Quei traditori non ci aspettavano ma quando ci videro a pochi metri di distanza, c’investirono con una raffica di mitraglia.
Il mio tenente urlò << Savoia » con quella sua voce di comando. E che vedeste!
Alcuni superstiti fuggivano come se avessero inteso il terremoto. Quando il sole si levava, dalla parte di Gorizia, i nostri cannoni erano già piazzati sulla posizione conquistata.
Benissimo! Bravo! - dissero tutti.
E quella medaglia - osservò massaro Giovanni non mi avevi scritto mai che ti avevano dato una medaglia …
A proposito, questa me l’hanno data quando mi trovavo all’ospedale o meglio, in quel paradiso... nella sala del Trono... capite?
E me l’ha appuntata sul petto il generale.
D’argento?!
Che festa! Avrei voluto scrivervi per farvi venire... non ho voluto abusare.
Ma, come, perché, spiegaci, perbacco.
Ecco, cosi; ho salvata la vita al mio tenente, per cui mi buscai questa ferita.
E mostrò sul petto, una cicatrice ancora rossa, tumida, larga, come di una lama.
Platì Dicembre 1915
Sac. Ernesto Gliozzi Senior
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