SOS PLATI' Quattro passi tra le nuvole, nel paese di tutti


Sono tornato a Platì, così come avevo promesso, accompagnato da Rosario Condarcuri, il mio straripante editore, e da Ilario Ammendolìa, ardito Presidente del Comitato dei Sindaci della Locride. Il sole comincia  a declinare i suoi raggi. Ma dalla montagna, che sbarra alle spalle il travagliato paese, non s’allungano ombre, come piace  alla fantasia catastrofica della stampa nazional-locale e  della stampa locale, che pur ispirandosi  a quella, nazionale non riesce mai ad essere. Ho intenzione di intervistare il maggior numero di persone possibile sulla autocandidatura a sindaco di Platì – ma i comizi elettorali non sono stati ancora convocati - del dr. Romano De Grazia, lametino, magistrato in pensione, promotore del decreto Lazzati sul divieto ai sorvegliati speciali di fare propaganda elettorale.  Da un magistrato mi sarei aspettato  l’intenzione di promuovere una lista di uscieri, ma a Platì c’ è guerra - dicono -  e lui, il magistrato in pensione, ha pensato ad una bellicosa lista in divisa dell’arma nei secoli fedeli: 12 carabinieri. 


Da uno o da un paio li conosci tutti. Qui a Platì  sono tutti infetti. Nella Firenze del Trecento, che era ben più popolosa di Platì, che ora fa 1780 abitanti,  Ciacco rivela a Dante che “giusti vi son due”. L’ ex magistrato Romano De Grazia non ne vede neppure uno. 

“E che cosa  ne pensate”, chiedo a un gruppo di persone, raccolte nel Bar  principale del paese e impegnate  in una partita di tressette “di questa idea  del dr. Romano De Grazia?”.  Scatta, come un leone, Pepé Lentini, di lungo e onorato passato amministrativo. “Non penso niente”, risponde. “Mi viene il voltastomaco. Ora siamo giunti all’apice dell’infamia contro Platì. In questo paese ci sono persone serie, oneste, intelligenti, dignitose, capaci non solo di fare il sindaco, ma anche il consigliere regionale, il deputato, anche il ministro”. “Non vi sembra d’esagerare?”. “Per niente. Ci sono in Australia ministri, originari di Platì”. 

I giocatori di carte assentono. Vi scorgo tra loro il dr. Franco Mittiga, ex sindaco, ma si astiene da ogni commento. Di persecuzioni contro Platì ne ha viste tante e qualcuna  s’è abbattuta anche su di lui, essendo stata l’amministrazione, da lui guidata, sciolta per infiltrazione mafiosa. 

Usciamo. Entriamo in un negozietto. La domanda è sempre la stessa. La risposta sempre fiera e sdegnata: “Ben venga. Ma poi deve prendere i voti”. “Direttore”, mi  dice con tutto il fisto che ha nei polmoni un giovane popolano: “U paisi è du paisanu”. “E che cosa volete dire?”. “Voglio dire”, riprende”, che il sangue s’arrostisce, ma non si mangia. Ad amministrare ci vogliono i platioti che conoscono i problemi e sanno quello di cui ha bisogno Platì”. “Ma quello di De Grazia è razzismo bello e buono. La ‘ndrangheta  non è una prerogativa esclusiva di Platì. C’è anche a Lamezia, la città di De Grazia. Avrebbe ben potuto candidarsi là. 

Qua c’è disoccupazione. Mio marito va e viene da Roma, dove fa lavori  contadineschi, per mantenere me e i miei figli”,  urla indignata  una giovane donna che si dà tanto da fare nella Proloco platiese. “Ma siamo fuori dalla democrazia”, esplode il fotografo  Callipari. “E quando mai si sono sentite cose del genere? Sapete che vi dico”. “Dite”, incoraggio. “Vi dico che  dove la terra è  molle, ognuno zappa a fondo”. “Cioè”, incalzo. “Cioè - interviene Saverio Catanzariti - da quando sono finiti i  partiti, Platì è diventata una cera che ognuno modella come gli pare e piace. E senza scottarsi le dita. Ora arriva il Redentore, Gesù Cristo”. 

“Il Redentore”,  ironizza  qualcuno. “Cumpari Ntoni, ma chigliu era du so’ paisi”, falcia drasticamente un altro compare. E non ci è riuscito,  stava  per  uscirmi dalla bocca  quando uno di quei vecchi che giocava a tressette mi dice: “Professore, vi ricordate, quando a Locri, in un convegno, c’erano Mancini, Principe e voi”. Ricordo. Altri tempi e altri duci. E allora  nessun Romano di Lamezia avrebbe osato quello che ha osato adesso. 

C’ è malinconia storica. 

Mentre ritorniamo, a Rosario Condarcuri, il mio Alberto Mondadori,  e ad Ilario propongo: invitiamo qui a «la Riviera» o a Platì Romano De Grazia per una dicussione sul tema: se i liberatori possano venire dall’esterno. Io lo conosco. È una buona persona. Il piede gli è andato in vacante. Ma è sempre in tempo per ritirarlo. 
Pasquino Crupi

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